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L’allarme ambientalista per la salvaguardia del pianeta rimbalza ormai da un paese all’altro, confortando gli attivisti nel proseguire e incrementare le iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica. Si osserva infatti che le esigenze individuali della popolazione occidentale si stanno orientando verso un’attenzione all’impatto che le proprie azioni possono avere sull’ambiente, quindi una maggiore cura del proprio habitat. Tuttavia l’indispensabile responsabilità individuale non è sufficiente: nelle nostre città l’aria è inquinata da elementi chimici potenzialmente dannosi per l’organismo, sostanze prodotte principalmente da industrie e trasporti. Abbiamo purtroppo imparato a conoscere la letalità del monossido di carbonio, la pericolosità del benzene, dell’arsenico, la sorveglianza sui livelli di polveri sottili, composte da metalli pesanti, nitriti, solfati. Abbiamo citato solo alcuni degli elementi più ricorrenti nelle analisi diffuse dagli organi di controllo ma tra le sostanze inquinanti meno conosciute vogliamo qui soffermarci su un pericolo presente all’interno degli edifici, il radon.
Il radon (Rn) è un gas inerte e radioattivo di origine naturale. È un prodotto del decadimento nucleare del radio all’interno della catena di decadimento dell’uranio. Il suo isotopo più stabile è il radon-222 che decade nel giro di pochi giorni, emettendo radiazioni ionizzanti di tipo alfa e formando prodotti di decadimento tra cui il polonio-218 e il polonio-214 che emettono anch’essi radiazioni alfa. I prodotti di decadimento del radon sono stati valutati cancerogeni per gli esseri umani (gruppo 1 IARC). Il radon è inodore, incolore e insapore, quindi non è percepibile dai nostri sensi. Se inalato con continuità e in importanti concentrazioni è considerato pericoloso per la salute umana poiché le particelle alfa possono danneggiare il Dna delle cellule e causare cancro al polmone.
Principalmente il radon entra a contatto con gli ambienti abitati attraverso il terreno e i materiali edili che derivano da rocce vulcaniche (come il tufo), estratti da cave o derivanti da lavorazioni dei terreni. La sua presenza pervasiva (il radon si trova in tutta la crosta terrestre) costituisce diversi livelli di pericolo in base alle concentrazioni con cui dal terreno viene emanato nell’aria o nell’acqua e che varia a seconda delle zone. Grazie alla forte dispersione in atmosfera, all’aperto la concentrazione di radon non raggiunge mai livelli elevati, la principale esposizione al radon avviene perciò nei luoghi chiusi: in casa, sul posto di lavoro, a scuola. E’ possibile valutare il rischio radon a partire dalla presenza e quantità di uranio nel terreno sottostante l’edificio, iniziando ad effettuare la misurazione dai piani bassi e interrati, cioè le aree più a contatto col suolo.
Siamo quindi esposti agli inquinanti anche negli ambienti chiusi e non solo nelle strade trafficate, non solo a causa dello smog cittadino. La prima misura di prevenzione dagli effetti nocivi del gas radon è la costante areazione dei locali nei quali si è riscontrata la sua presenza. In quanto sostanza gassosa infatti il radon è volatile, vale a dire si disperde rapidamente e facilmente nell’aria.
Ciò detto per intercettare le radiazioni provocate dalla presenza del gas nell’ambiente è necessario utilizzare il dosimetro passivo, effettuando una misurazione continuativa e prolungata, in grado di riferire le variazioni di concentrazione del gas tra giorno e notte, tra un sito e l’altro anche se vicini, in diverse stagioni e condizioni meteo. Considerato che l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, tra le quali quelle prodotte dal radon e i suoi prodotti di decadimento, è causa ogni anno in Italia di oltre 3.200 morti, il fattore di rischio radon non deve essere trascurato o sottovalutato.
Tale è l’orientamento della stessa Comunità Europea dell’Energia Atomica (EURATOM) che nella direttiva 59/2013 stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, norme recepite in Italia con il D.L. 101 del 31 luglio 2020. Il decreto si sofferma sulla protezione dei lavoratori, stabilendo i valori limite di esposizione, le protezioni da adottare, tempi, modalità delle verifiche, trattamenti e bonifiche.
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