L’INAIL ha diffuso – con comunicato stampa del 28 Febbraio – il resoconto dei casi di infortunio sul lavoro e malattie professionali avvenuti nel nostro paese nel mese di Gennaio di quest’anno, rapportandolo ai dati dello stesso periodo dello scorso anno. Pur con le dovute cautele e pur sapendo che si tratta di dati provvisori, ritengo opportuno condividere alcune considerazioni al fine di tradurre quello che apparentemente sembra un esercizio statistico in opportunità di miglioramento per le aziende. Ritengo particolarmente significativi i seguenti dati:
“Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail nel mese di Gennaio 2020 sono state 46.483, in diminuzione di oltre 1.400 casi (-3,0%) rispetto alle 47.908 del primo mese del 2019”;
“Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto nel mese di Gennaio 2020 sono state 52, otto in più rispetto alle 44 registrate nel primo mese del 2019 (+18,2%)”.
Questi dati permettono di far capire anche ai non addetti ai lavori che nel nostro paese nel primo mese del nuovo anno ci sono stati circa 2300 infortuni per giorno lavorato. Considerando che in Italia gli occupati sono poco più di 23 milioni significa che 1 lavoratore ogni 500 a Gennaio ha subito un infortunio.
Certo nei dati forniti dall’Istituto vengono contemplati tutti gli infortuni (compresi quelli in itinere) ma se lo leggiamo da tecnici non possiamo non dire che si tratta di un bollettino di guerra, ancor di più se poi si legge il secondo dato ovvero ben 8 morti in più rispetto all’anno precedente, per un totale di 52 persone che sono entrate in azienda ma che non sono più uscite perché lì hanno perso la vita. È un dato che purtroppo sembra quasi impietoso, considerato lo sforzo che le autorità (tutte) e i professionisti pongono ogni giorno per non sentire mai la notizia tragica che puntualmente arriva!
Ho sempre stimato molto qualunque lavoratore ma ancora di più chi svolge lavori cosiddetti usuranti. Tuttavia, a fronte della passione ed esperienza quotidianamente applicata alla mansione, nonostante la perizia e l’impegno esercitata in ogni attività, quello stesso lavoratore scivola in un rassegnato fatalismo di fronte agli eventi mortali che funestano le statistiche del lavoro: lavorando ci si fa male … oppure … il nostro è un lavoro pericoloso o prima o dopo a qualcuno doveva succedere… Quando sento queste affermazioni mi chiedo perché? Perché tu lavoratore accetti – quasi fosse una roulette russa – di salire su quel tetto senza protezioni (solo per citare qualche esempio) o ancora: perché tu autista accetti il rischio di usare il telefono mentre guidi pur sapendo il rischio che stai causando alla tua vita e a quella degli altri?
Più leggo questi dati e più mi pongo una domanda… quanti erano evitabili? Quanti infortuni anche mortali potevano essere scongiurati?
Sono convinto che molti si sarebbero potuti evitare!
Colgo l’occasione per fornire un ulteriore spunto di lettura. La statistica ci insegna che per ogni infortunio sul lavoro ci sono stati circa 10 near miss ovvero circa 10 situazioni che avrebbero potuto causare un infortunio o danno alla salute (malattia) o morte ma, solo per puro caso, non lo hanno prodotto: quindi a Gennaio ci sono stati in Italia circa 460.000 mancati infortuni.
Ma quante aziende li hanno rilevati? Quanti hanno tracciato queste situazioni di rischio? Poche o forse pochissime aziende si sono soffermate a valutare ed evidenziare queste situazioni: perché è meglio che nemmeno si sappia… perché se domani qualcuno legge che è successo quell’evento magari mi punisce ulteriormente in quanto lo sapevo… Ecco perché sopra scrivevo che molti infortuni si potevano evitare.
Molte aziende sono a conoscenza dei pericoli che i propri lavoratori corrono ma fanno ancora troppo poco per prevenirli o forse sarebbe meglio dire fanno ancora troppo poco IN CONCRETO per prevenirli pur disponendo di una valutazione completa e approfondita dei loro rischi aziendali.
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